lunedì 12 marzo 2012

LA MINACCIA REALIZZATA .Di quali diritti parla la Costituzione ?

«Se provi a rimanere incinta ti licenzio»


La testimonianza: il padrone me lo ripeteva continuamente, lavoravo 8 ore e me ne pagavano 2, alla fine non ho retto .
.+- .REGGIO. Quando incontriamo Anna, nome fittizio per preservarla da aulteriori angherie, lo mette subito in chiaro: «La mia è una storia dolorosa da ricordare». E non perché sia costellata di violenze fisiche («meno male, ci mancava solo quello»), ma perché le strazianti condizioni di lavoro in cui si è trovata a vivere per più di due anni, senza la possibilità di ammalarsi, né di restare incinta, né di garantirsi un minimo di futuro, l’hanno frustrata fino al punto di preferire la disoccupazione: «Piuttosto che tornare in quell’inferno, continuo a campare alla giornata, cercando un lavoro che non arriva». Tutto ha inizio nel 2009 quando, racconta la giovane straniera, «insieme al mio compagno abbiamo trovato lavoro in un’azienda consolidata da anni, a un’ora di macchina da casa. Il lavoro ci piaceva, siamo abituati a lavorare e le premesse erano buone, anche se in busta paga ci venivano riconosciute in via ufficiale soltanto due delle otto o più ore che facevamo. Speravamo che la situazione potesse cambiare e invece è soltanto peggiorata: siamo arrivati al punto in cui mio marito veniva pagato a ore e io a pezzo, il che vuol dire riuscire a guadagnare circa 15 euro al giorno. E il padrone? Mi sento ancora risuonare le sue urla nelle orecchie, ci gridava che se non ci andava bene potevamo andarcene, ma non avevamo alternative come non le abbiamo ora, e ci minacciava dicendo che se avessimo denunciato le condizioni di lavoro che ci imponeva e i pagamenti in nero ci avrebbe fatto del male fisico. “Ho amici importanti” diceva e noi non potevamo ribattere. Da donna poi, più fragile del mio compagno, nel 2011 ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, il pensiero di tornare in ditta mi distruggeva, ma la malattia non era ammessa. Il capo poi mi ha detto più volte che se fossi rimasta incinta avrei perso subito il lavoro. Era un argomento che non poteva neanche essere affrontato: potevo solo rimanere lì a cercare di lavorare il più possibile, anche dieci ore al giorno, al freddo, soprattutto i primi tempi perché non eravamo neanche in sede ma in un magazzino lì accanto senza riscaldamento». Nel raccontare la voce della giovane straniera diventa un misto di rabbia e sofferenza. «Oltre alle pessime condizioni di lavoro e al brutto temperamento del padrone - continua - la frustrazione che provavo era anche il lavorare in nero, quindi senza garantirsi un futuro, una pensione, e non aver diritto nemmeno alla tredicesima, o a cassa integrazione e disoccupazione nei momenti in cui il lavoro veniva meno. A un certo punto non ho più retto le violenze psicologiche e ho deciso per il licenziamento: anche il mio compagno, che veniva usato anche come muratore, ma pagato sempre come operaio, si è licenziato e ora stiamo cercando un lavoro in ogni dove, ma è difficilissimo trovarlo. Ormai non sappiamo più in cosa sperare, forse in un miracolo! Eppure voglia di lavorare ne abbiamo, ma non è facile trovare lavoro oggi, e non solo perché sono straniera: il mio compagno, italiano, forse è messo ancora peggio».

Gazzetta di Reggio
Francesca Manini

Licenziare una donna in stato di gravidanza è una pratica molto diffusa ,quasi sempre estorta alla lavoratrice al momento dell'assunzione facendole firmare una lettera di dimissioni volontarie, senza  data  ,da inserire poi successivamente sulla lettera al momento della gravidanza ,alla faccia della maternità tanto sostenuta a parole da molti esponenti sia  di partito che religiosi : tutte persone molto  sensibili e democratiche .Probabilmente ,è un metodo di prevenzione della gravidanza all'italiana ,che sta indignando non solo  da tempo noi donne ,ma anche e finalmente  le forze politiche e sindacali .
Dopo l'ordine del giorno, contro questa odiosa pratica  del Consiglio Comunale di Reggio ,che ha fatto da apripista , si sono espresse , contro tutte le discriminazioni di genere contro le donne , le Amministrazioni  Comunali  di Novellara  e di Bagnolo  : maggioranza ed opposizione .Speriamo che altri Comuni seguano questo esempio . Se si sforano anche i tempi dedicati alla Giornata Internazionale della Donna e i giorni a seguire è sempre un segnale positivo che accoglieremmo con entusiasmo . A tale scopo diamo la nostra disponibilità.
                                                                                                                 Anna Scappi .

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