venerdì 6 luglio 2012

Violenze Afgane..da combattere!!!

Cari amici, 



Dopo essere stata rapita, violentata e torturata dalla polizia afgana, la diciottenne Lal Bibi sta ora combattendo contro l'impunità delle forze dell'ordine e la tradizione ancestrale secondo la quale dovrebbe commettere suicidio. Gli avvocati non riescono a portare i suoi stupratori a giudizio, ma una forte protesta a livello globale potrebbe convincere i paesi donatori che stanno per consegnare miliardi all'Afghanistan a usare la loro influenza perpretendere un cambiamento reale per Lal Bibi e tutte le donne afgane. Firma la petizione e dillo a tutti: 



Firma la petizione!
Per cinque giorni la diciottenne Lal Bibi è stata rapita, violentata, torturata e incatenata al muro da un gruppo di potenti ufficiali della polizia afgana. Ma lei ha deciso di fare quel che alle donne afgane è vietato: sta reagendo, e insieme possiamo aiutare lei e tutte le donne afgane a ottenere giustizia.

Secondo una tradizione ancestrale, come donna che ha subìto violenza, Lal Bibi è stata “disonorata” e sarà costretta a uccidersi, come afferma pubblicamente lei stessa, a meno che i suoi aguzzini verranno consegnati alla giustizia per restituirle onore e dignità. In genere il sistema giudiziario afgano non persegue casi simili e fino a questo momento i maggiori sospettati nel caso di Lal Bibi non sono stati chiamati a giudizio, probabilmente nella speranza che l'attenzione internazionale si attenui. Ogni giorno che passa senza che avvenga alcun arresto spinge sempre più Lal Bibi al suicidio, ma c'è ancora speranza.

Questo fine settimana è previsto che Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone e altri importanti donatori si impegneranno a devolvere 4 miliardi di dollari all'Afghanistan, soldi destinati proprio a finanziare le stesse forze di polizia responsabili delle violenze nei confronti di Lal Bibi. Una protesta globale può però indurre i donatori ad agire, ponendo come condizione alle loro sovvenzioni un'azione forte per combattere le violenze e proteggere le donne. Non ci rimane molto tempo: clicca sotto per chiedere il cambiamento che può salvare la vita di Lal Bibi e la nostra petizione sarà consegnata proprio alla conferenza dei donatori a Tokyo: 

https://secure.avaaz.org/it/justice_for_lal_bibi_c/?bStJhcb&v=15792 

Le usanze locali in alcune zone dell'Afghanistan impongono che le donne che subiscono violenze sessuali, poiché disonorate, debbano commettere suicidio per ristabilire l'onore della loro famiglia per generazioni. Incredibilmente però Lal Bibi e la sua famiglia stanno tentando con coraggio di salvarle la vita insistendo nel voler perseguire i suoi torturatori e spostando su di loro la colpa, agli occhi della società.

Le forze di polizia afgane responsabili della violenza dipendono fortemente da finanziamenti esteri che verranno promessi questo fine settimana, quando tutti i maggiori benefattori si riuniranno a Tokyo. I paesi donatori possono e devono pretendere che i fondi non vengano spesi per potenziare forze di polizia che agiscono con vergognosa impunità e che gli ufficiali di polizia lavorino per proteggere le donne, non per aggredirle!

In tutto l'Afghanistan ci sono centinaia di donne e ragazze che sono soggette alla stessa “giustizia tribale” inflitta a Lal Bibi. Altre migliaia stanno seguendo con attenzione la vicenda per vedere in che modo il governo afgano e il mondo intero risponderanno alla ragazza che sta reagendo rifiutandosi di morire in silenzio. Sosteniamola: firma la petizione qui sotto e dillo a tutti:

https://secure.avaaz.org/it/justice_for_lal_bibi_c/?bStJhcb&v=15792 

La guerra globale alle donne è implacabile. Più volte la nostra comunità si è però unita per combatterla. Abbiamo aiutato a fermare la lapidazione illegale di Sakineh Ashtiani in Iran e combattuto perché le sopravvissute agli stupri in Libia, Marocco e Honduras ottenessero giustizia. Mostriamo il potere globale della nostra comunità per aiutare Lal Bibi e milioni di donne in Afghanistan a ottenere giustizia.

Con speranza e determinazione, 

Dalia, Emma, Alaphia, Ricken, Laura, Antonia e il resto del team di Avaaz 


Per maggiori informazioni: 

Afghanistan, la conferenza di Tokyo. I diritti delle donne prima di tutto (La Repubblica)
http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2012/07/03/news/afghanistan_la_conferenza_di_tokyo_i_diritti_delle_donne_prima_di_tutto-38453746/

Afghanistan: stupro, madre avverte, "giustizia o ci immoliamo" (Articolo Tre)
http://www.articolotre.com/2012/06/afghanistan-stupro-madre-avverte-giustizia-o-ci-immoliamo/92037 

Un caso di stupro in Afghanistan focalizza l'attenzione sulla polizia locale [EN] (New York Times)
http://www.nytimes.com/2012/06/28/world/asia/afghan-rape-case-turns-focus-on-local-police.html?pagewanted=all 



Fonte:


CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione no-profit e indipendente con 14 milioni di membri da tutto il mondo, che lavora perché le opinioni e i valori dei cittadini di ogni parte del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali (Avaaz significa "voce" in molte lingue). I membri di Avaaz vivono in ogni nazione del mondo; il nostro team è sparso in 19 paesi distribuiti in 6 continenti e opera in 14 lingue. Clicca qui per conoscere le nostre campagne più importanti, oppure seguici su Facebook o Twitter.

mercoledì 4 luglio 2012


2°  Comunicato stampa - 4 luglio 2012- NONDASOLA. Re. 


Non una sola donna lasceremo che venga uccisa da mano maschile senza far sentire la nostra voce, la voce delle donne dell'Associazione Nondasola. Così abbiamo scritto sabato dopo l'uccisione di Stefania Cancellieri. Oggi dobbiamo denunciare il femminicidio di altre due donne da parte del marito e del compagno: Alessandra Sorrentino uccisa a forbiciate e Antonina Mieli uccisa a pugnalate, tutte e due avevano 26 anni. Noi usiamo il termine femminicidio che va oltre il significato di omicidio di una donna, e include il riferimento alle relazioni fra i generi di impronta maschilista e misogina. Femminicidi che non sono esito di un ‘raptus’ o della marginalità sociale, ma la conseguenza più feroce dell' “ordinaria quotidianità della violenza maschile”, violenza consumata il più delle volte tra le mura domestiche, che distrugge la vita di tante donne e spesso dei loro figli e figlie.

Non è più sufficiente l'indignazione, è urgente che ognuno/a si assuma la responsabilità di questa mattanza e la politica per prima. Ricordiamo che l'Italia non ha ancora firmato la Convenzione del Consiglio d'Europa di Istanbul presentata l'11 maggio 2011 per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e la violenza domestica.
Dall’inizio dell’anno sono 67 le donne uccise, nel 2011 sono state 127, il 6,7% in più rispetto al 2010. Più di una donna uccisa ogni tre giorni.( Nondasola Centro Antivilenza Re)
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
NO, NON C'E' TREGUA!!! Le nostre giornate sono oramai scandite da un bollettino di guerra . Guerra  dichiarata e perpetrata sulle donne  tra le" mura affettive",dal genere maschile su quello femminile e non c'è nessuna "Forza d'Interposizione Nazionale o Internazionale "che se la senta di intervenire efficacemente.
I Ministri che girano per il  mondo rappresentando l'Italia ,dovrebbero provare un certo sentimento di  vergogna per la condizione  etica e socio culturale nella quale vengono considerate le donne italiane. Ma dimenticavo...tutto questo per il momento non c'entra con lo spread, non'è un problema finaziario è solo un problema di relazioni , di civiltà, di riconoscimento dell'altra/o nella sua differenza ... ma noi non siamo stati anche quelli delle leggi razziali?

P.s. Come Terra di Donne, ospitiamo e facciamo nostri i Comunicati della Associazione NONDASOLA riconoscendole l'incomiabile lavoro di solidarietà, di cura e di assistenza , che pratica  nei confronti delle donne maltrattate che hanno subito violenza  e dei loro bambini .
 Anna Scappi.

martedì 3 luglio 2012




Comunicato stampa 29 giugno 2012        ASS. NONDASOLA - Reggio .E



Non una sola donna lasceremo che venga uccisa da mano maschile senza far sentire la nostra voce. La voce del Centro Antiviolenza ‘Casa delle Donne’ gestita dall'Associazione Nondasola , che da anni accoglie a Reggio Emilia, migliaia di donne abusate e maltrattate dai propri partner .

Dobbiamo aggiungere all’elenco ormai interminabile il nome di Stefania Cancelliere, di 39 anni, che a Legnano è stata massacrata con un mattarello dal marito, uno stimato oculista primario ospedaliero, perché voleva lasciarlo. Tenere tra le braccia l’ultimo nato non ha salvato Stefania dalla furia del partner che ha infierito contro il suo corpo per annientare la sua soggettività di donna che aveva scelto di determinare la propria vita. E se Stefania potesse ancora parlare racconterebbe di una relazione violenta che da tempo non la faceva vivere e che aveva deciso di troncare . Tre mesi fa aveva denunciato il marito per ‘stalking’ e aveva deciso di separarsi e di spostarsi in un altro appartamento con i figli piccoli.

Dati agghiaccianti che ogni anno dobbiamo aggiornare , e non per difetto, ci rimandano che le donne uccise perché donne, quelli che noi denunciamo come femminicidi, avvengono al ritmo di uno ogni tre giorni. Dall’inizio dell’anno sono 65 le donne uccise, nel 2011 sono state 127, il 6,7% in più rispetto al 2010. Femminicidi che non sono esito di un ‘raptus’ o della marginalità sociale, ma la conseguenza più feroce dell' “ordinaria quotidianità della violenza di genere”, violenza consumata il più delle volte tra le mura domestiche, che distrugge la vita di tante donne e spesso dei loro figli e figlie.

A Reggio Emilia a partire dal 1997, data di apertura della Casa delle Donne, in convenzione col Comune di RE, contiamo 3,360 donne che si sono rivolte al nostro Centro. I nostri dati, che si allineano alla media nazionale, mostrano un quadro molto preciso della situazione reggiana e chiamano in causa un maggior numero di italiani rispetto ai maltrattatori stranieri.

Abbiamo più volte denunciato la gravità della situazione e crediamo che le cose cominceranno a cambiare quando pubblicamente , partendo dalla politica, si riconoscerà la natura di genere della violenza, non lasciando i centri antiviolenza soli nelle loro azioni di contrasto .

Già nel nostro Comune è all’opera un Tavolo Interistituzionale che coordina la rete dei diversi agenti che entrano in contatto con le donne maltrattate . Accanto alla promozione di dibattiti in più sedi, istituzionali e no, per aprire uno spazio di riflessione sulla cultura che determina questo genocidio , guardando alla responsabilità maschile (anche degli uomini che non agiscono violenza), è urgente coinvolgere direttamente le sedi istituzionali facendo entrare la problematica della violenza contro le donne nella loro agenda. Il mese scorso come Associazione NONDASOLA abbiamo chiesto al Consiglio Comunale di mettere a tema la violenza contro le donne con una mozione dal titolo : ”agli appelli seguano i fatti” contando su un modello di intervento che questa Amministrazione ha da sempre sostenuto e condiviso con la scelta di investire nella Casa delle Donne ma che ora è urgente articolare nella quotidianità per attivare un cambiamento radicale di quella cultura “patriarcale” che ancora fa morire.


Associazione Nondasola Centro Antiviolenza Reggio .E  - Ass.ne. 0522-506388-casa delle donne o522-920882

Care amiche , abbiamo pubblicato il vostro Comunicato e che dire che non sia già stato detto.

Il 25 giugno 2012  nel corso della 20° Sessione del Consiglio dei Diritti Umani,

presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra, Rashida Manjoo -Special Rapporteur
delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne- presenta il Rapporto
tematico annuale sugli omicidi basati sul genere, ed il Rapporto sulla violenza sulla
scorta delle sua missione in Italia lo scorso gennaio.

Conclude Manjoo “Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita.

 In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza, questi risultati non hanno però portato ad una diminuzione di femicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine.”
      Anna Scappi .