mercoledì 25 gennaio 2012

«Sì, sono stata vittima di stalking»

Marzia Schenetti racconta la sua storia nel libro "IL GENTILUOMO - UNA STORIA DI STALKING "(ed. il ciliegio), libro che verrà presentato con l'autrice ed avvocate esperte in giurisprudenza  contro la violenza sulle donne ,il 25/2/2012  alle ore 16,00  presso la Biblioteca Comunale Frattini - Piazza Garibaldi da Terra di Donne  con il Potrocinio del Comune di Guastalla .



 TOANO. Secondo molti psicologi, il primo passo per affrontare un trauma è riuscire a raccontarlo. E Marzia Schenetti, di Cerredolo, ha deciso di farlo in un libro in cui ha riversato una brutta vicenda di stalking. Ne ha parlato in anteprima con il giornalista Gabriele Arlotti, che ha poi diffuso la sua esperienza tramite il sito internet appenninico Redacon. «Mi sono messa a nudo per non provare più vergogna», spiega la donna. Che racconta: «Un finto gentiluomo, un giorno, ha iniziato ad approfittarsi di me».  Dalle prime gentilezze, si è passati infatti a spinte, calci, fino a una cinta stretta intorno al collo. Con cicatrici profonde perché interiori: quelle incise più dalle parole che dai gesti. Lui diceva: «Non sei niente, non vali niente, senza di me sei una fallita».  Marzia, 45 anni, racconta di essere passata «da una prigionia a una prigione. La prigionia è lo stato in cui vive una donna che ha la sfortuna d'imbattersi in un profilo di stalker seriale. La prigione è lo stato in cui ci si ritrova successivamente. E' lo stato del morboso ricordo, lo stallo del senso incompiuto di giustizia. Da lì è nata l'esigenza di scrivere il libro. Quella di prosciugare il dolore con qualcosa che mi rendesse così nuda da non provare più vergogna».  Attraverso il libro si vive giorno per giorno l'incubo della donna, che a un certo punto decide di ribellarsi. «Ancora oggi - prosegue - lotto per ottenere giustizia. E penso che chi mi ha fatto questo grande male sarà il primo a prenotare il libro, o forse avrà trovato il modo di averlo in anteprima. Io ho imparato a convivere con la paura, senza rinunciare a lottare per riavere ciò che mi è stato tolto. Ho scritto queste pagine in un mese, passando giorno e notte al pc. Mentre scrivevo ripercorrevo ogni dolore, con la stessa ansia, la stessa paura, la stessa rabbia, ma tutto si fermava finalmente su quei fogli e prendeva forma di nuovo la mia vita. Una volta ultimato lo ho inviato a diverse case editrici e poi è arrivata la proposta da Giovanna, la mia editrice de Il Ciliegio, che ancora ringrazio».  Così Marzia racconta in uno scorcio del libro l'inizio della piena presa di coscienza della propria situazione: «Un senso di disgusto mi riempì a un tratto per tutto quello che rappresentava; il campo, il treno, il freddo e lui: la sua pelle unta tra le palpebre e gli zigomi, la sua voce stridula e compressa e quella saliva biancastra che diventava colla e si fermava ai lati delle sue sottili labbra. Lo guardai in lontananza come una macchietta arancione in quell'enorme giacca a vento e sentii il tormento di quei passi sulla terra bagnata come schiaffi sulla pelle, il treno e il suo fischio come un urlo tra i miei tanti soffocati dentro al cuore. Me ne andai. Fu la mia prima vera distanza». (l.t.)
9 febbraio 2011

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